Monte Tambura da Campocatino
Escursione ad anello per esperti che dal piccolo borgo di Campocatino, versante garfagnino delle Alpi Apuane, conduce alla vetta del Monte Tambura.
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MAPPA DI LOCALIZZAZIONE
SINTESI DESCRIZIONE:
Dal bel borgo ristrutturato di Campocatino, seguendo il sentiero 147 ci si inoltra nel bosco che ricopre le pendici orientali del Monte Roccandagia.
Una deviazione conduce all’Eremo di San Viviano realizzato in posizione ardita su di un terrazzo della roccia.
Ritornati sul sentiero principale, si prosegue a camminare nella valle dell’Arnetola dove un primo tratto esposto è assicurato con un breve cavo metallico. Un altro tratto attrezzato consente di risalire una parete rocciosa molto inclinata ed esposta.
Giunti all’incrocio con il tracciato 35 (la storica Via Vandelli) lo si segue innalzandosi, con numerosi tornanti, fino al Passo della Tambura.
Lungo la cresta detritica meridionale (segnavia 148) si risale fino alla vetta del Monte Tambura da cui la visuale spazia su buona parte delle Apuane tra cui i vicini monti Roccandagia, Pisanino, Cavallo a nord, Focoletta, Alto di Sella, Sella, Fiocca, Sumbra a sud oltre alla costa e agli Appennini.
Si prosegue perdendo quota lungo l’esile cresta nord-ovest fino al bivio con il sentiero 177 su cui si devia iniziando un lungo traverso ai piedi della Tambura e della Roccandagia prima in campo aperto poi nella faggeta. Numerosi sono i tratti esposti, alcuni attrezzati.
Superato il Passo della Tombaccia continuano i punti esposti e attrezzati fino ad un ultimo tratto più semplice che riporta a Campocatino.
DESCRIZIONE COMPLETA:
Campocatino (q. 1031 m.), meraviglioso borgo ristrutturato sovrastato dalla parete nord-est del Monte Roccandagia.
Lascio l’auto nel parcheggio a valle dei fabbricati e imbocco lo stradello che, lastricato, mi conduce tra gli edifici ancora silenziosi.
Mi avvio in direzione del Passo Tambura lungo il tracciato 147 (per esperti) marcato con i segnavia bianco-rossi che guadagna quota su di una dorsale.
Molto più in basso si notano i borghi di Vagli e l’omonimo lago artificiale che nasconde l’antico villaggio sommerso.
Dopo aver inizialmente attraversato una panoramica area prativa, mi immergo nel bosco spostandomi nel versante orientale della montagna che diventa via via più ripido.
In alcuni punti la vegetazione lascia spazio ad una bella vista sulla Valle d’Arnetola.
Giunto ad una deviazione (q. 1162 m.) con il sentiero che conduce all’Eremo di San Viviano, decido di abbandonare il tracciato principale e scendere nell’erto pendio (segnavia bianco-verdi).
Con una finale scalinata in salita, arrivo all’edificio sacro (q. 1090 m. circa), normalmente chiuso, realizzato in posizione ardita su di un terrazzo della roccia e dedicato a questo asceta di origine reggiana le cui ossa sono state ritrovate nel 1993.
Ritorno sui miei passi fino al sentiero 147 che riprendo a seguire (sinistra).
La traccia si fa più stretta.
In alcuni tratti il bosco lascia spazio a punti più panoramici. Da una parte c’è la valle d’Arnetola da cui provengono, durante gli orari lavorativi, i tipici fastidiosi rumori delle cave di marmo, dall’altra la cresta che collega la Tambura alla Roccandagia.
Procedo con diversi saliscendi, alcuni punti risultano malmessi ed è comunque richiesta attenzione. Un primo tratto esposto è stato dotato di cavo di sicurezza.
Arrivato ai piedi di una parete rocciosa molto inclinata, la risalgo con cautela aiutato da un altro cavo metallico. Si tratta di un punto molto esposto in cui può essere consigliato l’utilizzo di adeguata attrezzatura (cordino di sicurezza con moschettone oppure imbrago).
Superato questo ostacolo, il percorso diviene meno impegnativo.
Di fronte c’è la cresta del Monte Sella mentre a sinistra il boscoso Monte Pallerina mangiato da una cava.
Oltrepasso la zona della Cava Formignàcola per poi subito incontrare, a quota 1179 metri, il tracciato 35 corrispondente alla Via Vandelli che, progettata dall’abate Domenico Vandelli per volere del Duca Francesco III d’Este nel 1739, collegava Massa a Modena.
Seguo lo storico percorso in direzione del Passo Tambura.
In alcuni punti il manufatto mantiene, almeno in parte, il suo aspetto originale. In altri è piuttosto dissestato e prevalentemente ridotto a sentiero a causa delle frane che si sono susseguite in oltre due secoli.
Guadagno quota con numerosi tornanti mentre l’ambiente circostante si fa via via più aspro. Prima termina il bosco poi anche l’erba si fa sempre più rara con il grigio della roccia che diventa dominante.
Sempre mantenendomi sul tracciato 35, supero le rovine del Cason del Ferro, in cui è presente una fonte, poi il bivio con il sentiero 146 e, infine, arrivo al Passo della Tambura (q. 1620 m.) punto di confine fra il versante garfagnino e quello massese. La visuale ora spazia anche verso la costa versiliese e l’estremità orientale della Liguria.
Un’immagine in marmo della Madonna è innestata nella roccia.
Inizio a risalire la cresta meridionale del Monte Tambura (segnavia 148, per escursionisti esperti).
Cammino fra rocce e detriti seguendo il percorso più semplice indicato dai segnavia.
I due versanti della montagna sono piuttosto ripidi.
Dopo aver superato alcune cimette e selle, giungo sulla vetta della Tambura (q. 1890 m.) in prossimità della quale è presente una piccola croce metallica. Lo sguardo ora volge su buona parte delle Apuane tra cui i vicini monti Roccandagia, Pisanino, Cavallo a nord, Focoletta, Alto di Sella, Sella, Fiocca, Sumbra a sud oltre alla costa e agli Appennini.
Riprendo il cammino lungo il sentiero 148 scendendo ancora fra rocce e detriti per la cresta nord-occidentale, in direzione del Passo della Focolaccia e del Monte Cavallo.
In alcuni punti lo spartiacque è abbastanza esile.
Oltrepasso la piccola elevazione del Monte Crispo, anticima nord-ovest della Tambura, poi riprendo la discesa fino al bivio con il sentiero 177 posto poco prima del Passo della Focolaccia ormai scolpito e accerchiato dalle cave di marmo.
Poco sopra alcuni edifici di servizio alla cava, si nota la piccola sagoma semicilindrica del Bivacco Aronte, il più datato ma anche quello posto alla quota maggiore fra i punti di appoggio delle Apuane (realizzato nel 1902).
Utilizzando il sentiero 177 ritorno nel versante garfagnino nella zona chiamata “Carcaraia”.
Ad un primo tratto in decisa discesa segue un lungo traverso lungo il fianco settentrionale della Tambura con vista frontale sulla Roccandagia.
Il fondo è piuttosto mutevole: detriti, rocce ma anche erba. Una piccola porzione è esposta.
Il bosco inizia ad affiancare il percorso mentre inizio a percorrere il versante occidentale della Roccandagia.
Un primo tratto attrezzato con un cavo metallico rende più sicura la progressione lungo l’erto pendio.
Procedendo, il percorso diviene più impegnativo con diversi punti esposti e, in parte, attrezzati.
Affascinante anche la vista sul Monte Pisanino, massima elevazione delle Apuane.
Oltrepasso il Passo della Tombaccia (q. 1360 m.) posto sulla dorsale che scende verso settentrione dalla Roccandagia.
La vista ora si apre verso Gorfigliano, il lago di Gramolazzo e l’Appennino.
Prevalentemente procedo nella faggeta.
E’ ancora presente qualche tratto esposto e su roccette che richiede attenzione. Alcuni punti sono dotati di altri cavi metallici.
Supero un altro costone e continuo alternando sezioni fra prati e faggi. Intanto ammiro sempre più la parete nord della Roccandagia con le maggiori difficoltà che ormai sono alle spalle.
All’ennesima dorsale, inizio a seguirla in discesa.
Tra ampi spazi erbosi ritorno alle case di Campocatino e al parcheggio.
DATI ITINERARIO:
- Escursione effettuata nel Maggio 2015
- Durata*: 6h45′ (compreso i 35′ di deviazione a/r per l’Eremo di San Viviano)
- Tempi progressivi*: Campocatino – Bivio sentiero Eremo di San Viviano (35′) – Eremo di San Viviano (50′) – Bivio sentiero Eremo di San Viviano (1h10′) – Bivio sentieri 35/147 (2h00′) – Passo della Tambura (3h20′) – Monte Tambura (4h20′) – Bivio sentieri 148/177 (4h55′) – Passo Tombaccia (6h05′) – Campocatino (6h45′)
- *I tempi inseriti sono puramente indicativi e corrispondono a quanto indicato nella segnaletica presente in loco integrata, quando assente, da quanto da me impiegato.
- Dislivello: +1100 m./ -1100 m.
- Difficoltà: EE (Escursionisti Esperti)
- Carta escursionistica: 4Land n. 200 – Alpi Apuane 1:25000
- Accesso: Da Lucca raggiungere Castelnuovo in Garfagnana poi procedere in direzione Piazza al Serchio fino a Poggio dove si devia a sinistra per Vagli. Superato il lago salire verso Gorfigliano e, al passo, svoltare a sinistra per Campocatino.
Da La Spezia e Parma raggiungere Aulla poi arrivare alle prime case di Piazza al Serchio dove si devia a destra per Gorfigliano. Superato il paese si sale in direzione Vagli fino al passo dove si svolta a destra per Campocatino. - Trasporto pubblico: Treno fino a Castenuovo Garfagnana (linea Aulla-Lucca) poi bus Autolinee Toscane – Extraurbani Lucca fino a Vagli di Sopra (linea E52) poi a piedi (dislivello + 300 metri, durata + 1h30′ andata/ritorno) utilizzando il sentiero 177.
(https://www.ferrovia-lucca-aulla.com/)
(https://www.at-bus.it/it/orari.html#modTimetables_collapseExtraUrbanLine)
COMMENTI E NOTE:
- Percorso impegnativo ma piuttosto vario e panoramico a raggiungere una delle più elevate cime delle Alpi Apuane.
- L’itinerario è riservato ad escursionisti esperti ed allenati dal passo sicuro e assenza di vertigini. Oltre al dislivello importante, si deve camminare su di un fondo a tratti roccioso e molto sconnesso.
- Sono presenti numerosi tratti esposti, alcuni dei quali (ma non tutti) dotati di cavo metallico. Può essere consigliato, in particolare ai meno esperti, l’utilizzo di un cordino di sicurezza con moschettone oppure un imbrago per fornire maggiore sicurezza.
- L’escursione può essere percorsa anche nel senso inverso affrontando, però, in discesa alcune fra le sezioni più difficoltose.
- Il percorso può essere ridotto di oltre mezzora evitando di scendere all’Eremo di San Viviano.
Altre escursioni pubblicate in zona:
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4 Replies to “Monte Tambura da Campocatino”
c’è la traccia gps ?
In ogni articolo trovi la traccia gps del percorso.
Come vedrai scritto nella prima parte dell’articolo, devi cliccare su “maggiori informazioni” per andare in una pagina con altri dati e la traccia gpx scaricabile.
Simone
Poco tempo fa ho percorso il sentiero che porta da Campocatino alla Tambura passando per la Carcaraia (senso inverso) ed ho potuto valutare i tratti attrezzati con cavo.Tutti questi tratti non presentano particolari difficoltà, ma forte pericolosità, vista la loro inclinazione. Il proteggersi ancorandosi a questi cavi, tramite cordino e moschettone, lo ritengo necessario e lo consiglio vivamente. Non riesco però a capire perché non è stata messa nessuna protezione nel tratto di gran lunga più esposto e lungo, quello che passa sopra la cava di marmo. Alcuni tratti potevano essere lasciati privi di cavo, questo tratto no. Una scivolata in questo tratto, ripido ed erboso, credo possa facilmente diventare fatale. Credo sia difficile il fermarsi nel tratto erboso, e dopo questo c’è l’inevitabile salto nella cava, posta molto più in basso. A mio avviso spesso si proteggono tratti di sentiero con difficoltà ma bassa pericolosità, a discapito di tratti più facili, ma sui quali ogni caduta facilmente diventa inarrestabile.
Il problema del posizionamento delle attrezzature di sicurezza effettivamente è reale! E parliamo in linea generale su tutto il territorio nazionale.
Ci sono posizioni in cui l’installazione di cavi è oggettivamente difficile (i ripidi pendii prativi sono forse l’esempio più chiaro), come è chiaro che, spesso, la classificazione della difficoltà di un sentiero non rispetta la realtà. Mi spiego, è richiesta più esperienza attraversando un tratto esposto privo di cavi oppure un tratto roccioso di 4/5 metri (non verticale) in cui ci si può attaccare ad un cavo? Il primo, spesso, viene classificato come di difficoltà E (escursionistica) mentre il secondo EE (escursionisti esperti).
Certo che le Apuane prevedono un target di esperienza base molto maggiore rispetto ad altre zone e le attrezzature di sicurezza coprono solo una porzione limitata rispetto a dove, effettivamente, sarebbero necessarie.